Quando il Po si arrabbia






In viaggio sul Po

Ecco il racconto di un mio viaggio sul Po che ho condiviso con gli ascoltatori della trasmissione Matteo Caccia racconta: Storie di rinascita di Radio24 andata in onda il 24 maggio 2023 e che potete riascoltare in fondo a questa pagina.

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barche sul Po

Nessuno riesce a crederci, ma quando un fiume come il Po, il maggior corso d’acqua italiano, è in tempesta, sì proprio in tempesta, fa decisamente paura. Posso immaginare quindi come si comporteranno tutti gli altri maggiori e molto più lunghi fiumi europei come Reno, Danubio, Volga, Rodano in condizioni di deciso maltempo e vento!

Eravamo alla nostra prima Pavia-Venezia-Pavia andata e ritorno, raid motonautico fluviale e di canali della cosiddetta Idrovia Veneta sino alla famosissima laguna veneta. Era il 1986 e ne seguirono per noi altre sei sino al 1992 di queste imprese, compreso un allungamento sino a Trieste ed uno – al ritorno – sul delta del Po.
Nulla a che vedere con la famosa gara motonautica Pavia-Venezia che si svolge per lo più sul Grande Fiume guareschiano (l’indimenticabile Giovannino Guareschi nei suoi romanzi di Mondo Piccolo di Peppone e Don Camillo ne fu il più importante cantore) e che quest’anno, a giugno 2023, raggiungerà la settantesima edizione; no, semplicemente una tranquilla (sic!) gita in barca e gommone tra amici e colleghi di lavoro per tre/quattro giorni approfittando dei ponti del 25 aprile o del 1° maggio.

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Borgo Ticino

Quella prima volta partimmo proprio da Pavia, Borgo Ticino, lungofume destro, perché la siccità che oggi invece da anni ci opprime allora era inesistente e il fiume non era basso. Negli anni seguenti tuttavia, due volte, a causa di scarsità di acqua nel Ticino e nel Po – troppo bassi anche per calarli direttamente dal carrello – dovemmo partire da Boretto Po in provincia di Reggio Emilia, accorciando così la gita.

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il gruppo di amici

Primo giorno

Andò tutto bene quel 24 giugno 1986 verso le 17 quando facemmo dolcemente scivolare in acqua dai carrelli le nostre tre imbarcazioni che negli anni successivi divennero cinque e sei; si trattava di due battelli pneumatici, alias in gergo gommoni, classici di cinque metri con paramezzale in legno – quelli in chiglia e carena rigida in vetroresina arrivarono successivamente – e una barca motoscafo fluviale da pesca in legno e chiglia abbastanza piatta, non il massimo per navigare sino a Chioggia e poi Venezia, tutti motorizzati con fuoribordo sottopatente.

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Ponte della Becca

Avevamo tre ore di chiaro e in fretta e allegria, sorpassato il Ponte della Becca dove il Ticino entra come affluente nel Po, arrivammo nei pressi di Piacenza vicino alla centrale termoelettrica dove facemmo il primo campo per la notte accostando sulla riva destra, tirando in secca i natanti e montando le tende canadesi da vere "giovani marmotte" anche se avevamo già i nostri 30-40 anni. Per sicurezza e appoggio tattico logistico ci seguiva sull’argine un camper, motorcaravan per l’esattezza, condotto da due nostri amici con funzioni anche di vivandieri e assistenza tecnica, collegati via radio con noi "nautici" mediante "baracchini cityband" (regolarmente denunciati e autorizzati dagli organi competenti).

Noi delle tre imbarcazioni eravamo in nove, tre per mezzo. Grande serata tra chiacchiere e buon cibo fatto dai simpaticissimi nostri amici napoletani del camper con adeguato sostentamento in bevande senza esagerare perché la mattina dopo, secondo giorno, avevamo programmato la partenza alle 6.30 per cercare di arrivare in zona del Po ferrarese rovigino nel pomeriggio per allestire il secondo campo e passare la notte.

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Secondo giorno

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Isola Serafini

Infatti alle 6 del mattino tutti svegli come soldatini assonnati e pronti a riprendere la navigazione. Verso le 17 approdammo alla riva sinistra in località Ficarolo, provincia di Rovigo – la riva opposta è invece in territorio ferrarese -, dopo aver passato senza problemi una splendida giornata fluviale di sole e caldo, senza vento e cielo terso, corrente minima adiuvante (tradotto, risparmio di carburante), dopo aver superato gli emozionanti dislivelli delle chiuse-conche piacentine e di Isola Serafini in quel di Cremona, imponenti opere di ingegneria idraulica che so essere state ristrutturate in questi ultimi anni 2000. Tranquillamente navigando sul Grande Fiume con un occhio sempre attento alla segnaletica fluviale romboidale biancorossa predisposta sulle rive dal Magistrato delle Acque, l’ente di sovraintendenza del Po che segnala le secche o la necessità di passare in determinati percorsi sotto i ponti e accostamenti o meno alle rive.

Sandokan

Nulla aveva fatto presagire quello che sarebbe successo in nottata e la mattina dopo. Ormeggiammo quindi i nostri tre mezzi nautici vicino a una splendida casa galleggiante tutta colorata, giustamente mettendo le prue controcorrente, autorizzati dal suo proprietario, un personaggio di una certa età, originale e simpaticissimo, che si faceva soprannominare Sandokan, come il nome della sua stessa casa-barca galleggiante e le insegne sulla bandiera issata a poppa.

casa galleggiante sul Po

casa galleggiante sul Po

Nel frattempo ci aveva raggiunto sulla riva il camper "tattico logistico" dei nostri amici napoletani (e sponsor entusiasti, pagavano tutto loro purché sulle nostre tute e sui nostri gommoni ci fossero i loghi della loro società milanese di servizi e trasporti!) che erano andati a fare rifornimento di benzina per i nostri motori e per… noi affamati. Montammo le tende per la notte in un battibaleno, predisponemmo una bella tavolata con panche e tavoli pieghevoli da birreria (tutte cose magicamente estratte dal capiente vano garage del camper, meglio motorcaravan) direttamente sulla riva a una ventina di metri dalla casa galleggiante Sandokan e dalle nostre imbarcazioni e invitammo il gentilissimo vecchietto, agghindato come un pirata (veramente un personaggio tutto particolare!) ad aggregarsi a noi per la cena.

Cena che veniva preparata lì all’aperto sempre dai nostri sponsor napoletani e a base di loro specialità partenopee come frittata e maccaroni, salsicce e friarielli, pizza fritta, scamorze e caciocavallo, pastiera napoletana e babà al rhum… cose leggere (sic!), insomma ogni ben di Dio, il tutto innaffiato da Greco di Tufo. Sul motorcaravan si erano portati dietro scorte alimentari per un reggimento e quasi una cucina da campo alla loro maniera altamente ospitale e generosa.

Passammo una bella e allegra serata sotto un cielo stellato, allietata anche da canti goliardici e musiche anni Sessanta/Settanta (alcuni di noi avevano le chitarre, reliquie della nostra epoca beatnik e di giovani universitari) e da battute sagaci e barzellette in rovigino stretto del vecchio Sandokan, come la sua barca galleggiante, che – confesso – spesso non riuscivamo a capire sino in fondo.

L’avvertimento

Ma prima di andare a nanna nelle nostre canadesi, presto verso le 23 e stanchi morti dopo una giornata intera di fiume sotto un sole splendente, il buon vecchietto piratesco ci mise seriamente in guardia per la ripartenza mattutina: «ragazzi, domani attenzione, sveglia presto e filare via veloci verso il delta e le chiuse che vi
porteranno sul Canal Bianco verso Chioggia perché il Po monterà parecchio e saranno problemi seri navigare tranquilli e sicuri, mi raccomando!
»

Noi tutti e undici, ringraziandolo e salutandolo, ci facemmo una sonora risata e pensammo che ci volesse prendere in giro, impaurirci da inesperti del Grande Fiume. Come sarebbe stato possibile avere problemi meteo il giorno dopo se il cielo era una volta luccicante di stelle, senza una nuvola? Ok, Sandokan ci voleva prendere proprio per i fondelli, tutti a dormire nelle tende e buonanotte.

Terzo giorno: il Po si… arrabbia

Po

maltempo sul Po

Verso le 5 del mattino, ancora buio, sentimmo i primi goccioloni sulle canadesi e spirare il vento fortissimo, ci svegliammo tutti di soprassalto, tutti a correre alla svelta a smontare tende e bivacco che buttammo alla rinfusa nel camper, di corsa a mollare gli ormeggi ché già il Po era diventato spaventosamente grigio e mosso da paura con una corrente impetuosa, quasi non avevamo bisogno del motore, ma solo di riuscire a governare i nostri leggeri gommoni e la barca piatta da fiume dell’amico pavese e i suoi due concittadini. Ci aspettava subito la doppia esse dell’ansa fluviale tra Ficarolo e Stellata poco prima del ponte stradale e appena appena cominciava a rischiarare, in cielo nuvoloni grigi carichi di pioggia e vento fortissimo da nord-est, onde alte quasi due metri, inimmaginabili per noi su un fiume come il Po, sballottamenti vari tra una riva e l’altra attenti alle secche segnalate dai cartelli biancorossi.

Cominciò a piovere fortissimo all’alba e uno dei nostri amici imbarcati – ingegnere e appassionato di marchingegni elettronici che già avevano fatto ingresso timido (e costoso ai tempi) nella nautica da diporto – tirò fuori una specie di anemometro portatile che segnava velocità di 60 nodi del vento, più del doppio di quella dei nostri mezzi nautici.

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presso Pontelagoscuro

Il gommone giallo di tre amici andò a sbattere contro un tronco enorme e galleggiante a pelo d’acqua e invisibile in quel misto di onde anomale, acqua grigio scuro e tenue luce dell’alba tra i nuvoloni, che tagliò il tubolare del compartimento di prua che si afflosciò in un "fiat", ma riuscì in qualche maniera a navigare imbarcando acqua da su e giù; la barca motoscafo in legno, da pesca, dei tre amici pavesi col suo fondo piatto, mezza sommersa dall’acqua, riuscì a raggiungere zigzagando tra le secche Pontelagoscuro e la sua Canottieri Ferrara; noi dietro col nostro Marshall pneumatico ancora tenevamo grazie all’ottima carena e riuscimmo in circa tre ore (di solito si impiegano 10 minuti a passare quel tratto di fiume!) a scortare il gommone giallo fino alla Canottieri dove ci fermammo tutti bagnati fradici, ospitati e riscaldati dai soci di quella lega navale e facemmo il punto drammatico della situazione: un gommone, quello giallo, solo da smontare in qualche maniera e caricare sul camper; la barca in legno da lasciare in custodia sul posto (e ritirare giorni dopo con il suo carrello rimasto a Pavia) perché non sarebbe mai arrivata sino a Sottomarina di Chioggia in quelle condizioni di fiume e tempo; l’unico ancora integro era il mio gommone.

La fine del viaggio sul Po

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lungo il Canalbianco

Aspettammo fino alle cinque del pomeriggio quando cominciò un po’ a schiarirsi il cielo e finire di piovere con il vento che era diminuito parecchio, ma non del tutto e a quel punto in sei sul mio mezzo (massima capienza consentita) riprendemmo il raid fluviale e piano piano, attraversando due chiuse-conche sul Canal Bianco, l’Adige e tutta la zona pericostiera, arrivammo verso le undici di sera con luci di via accese alla nostra meta, un albergo (allora si chiamava Hotel Montecarlo) di Sottomarina di Chioggia che aveva anche l’approdo per le barche, dove ci aveva preceduto il resto della allegra (e spaventata) brigata sul motorcaravan degli amici napoletani.

Fine di quella prima impresa che ci fece riflettere sul come non si debba mai sottovalutare un tranquillo fiume e soprattutto i suggerimenti e previsioni di un lupo di… fiume come Sandokan. Scoprimmo poi dai canali tv che durante quella burrascosa giornata c’era stato forte vento di Bora in alto Adriatico a più di 120km/h che aveva colpito fin giù tutto il delta del Po e si era spinto fino a tutto il tratto fluviale ferrarese-rovigino.

Ascolta Naufraghi… volontari

Per approfondire

Raid motonautico Pavia-Venezia

Matteo Caccia racconta: Storie di rinascita

Radio24

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About The Author

Fabrizio

Nato nel 1954, milanese con origini paterne toscane, liceo scientifico e studi giuridici all’università, gioiosamente sposato dal 1976 e felice nonno di tre nipotine. Multitasking per interessi e passioni “normalissime” come musica, lettere, escatologia, spiritualità, ricerca parapsicologica. Impegnato sin da giovane (1971) nello studio ed esperienze di argomenti esoterici e border-line, grazie all’iniziazione di un grande uomo, colui che sarebbe diventato mio suocero. Entusiasta della vita, di qualsiasi vita, in tutti i suoi aspetti fisici e soprattutto spirituali.

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