Un suggerimento per superare avversità e sofferenze
Chi di noi non ha dovuto superare delle avversità? Tutti, chi più chi meno, abbiamo patito sofferenze nella vita. Magari non sono ancora superate, tuttavia nel momento in cui sono capitate per un momento (forse) ci è sembrato di essere gli unici a subirle. Talune sofferenze e avversità, poi, sono particolarmente forti tanto da ritenerle insuperabili.
Tuttavia, ci sono persone che riescono a essere serene nonostante ciò che stanno soffrendo, come ha fatto notare una persona durante una seduta al Cerchio Firenze 77, chiedendo che cosa permetta loro di essere così.
A questa domanda ha risposto François, entità manifestatasi al Cerchio Firenze 77 tramite la medianità di Roberto Setti, suggerendo un atteggiamento da assumere in questi casi.
Tale suggerimento, però, ritengo che lo si dovrebbe fare proprio anche in altre circostanze, per osservare ciò che accade senza alcun coinvolgimento personale. Certamente ciò che suggerisce François non è facile, ma ritengo ci si possa provare, soprattutto se vogliamo comprendere i motivi delle avversità che stiamo vivendo e ricavare «tutto l’insegnamento che se ne può trarre».
Cosa fa vincere tutte le avversità della vita
È una cosiddetta forza d’animo, che però, naturalmente, può essere innescata in modo diverso a seconda del tipo di prova, di esperienza faticosa che una creatura sta vivendo. Diverso è il modo di reagire ad una malattia dolorosa dal modo di affrontare un’esperienza del tutto psicologica.
Bisogna comunque cercare sempre di vedersi dal di fuori. Come se usciste da voi stessi e vi osservaste dal di fuori, nel vostro comportamento. E soprattutto cercare di non lasciarsi abbattere, nel senso di compatirsi, pensando di essere i più colpiti, i più disgraziati e perseguitati dalla sorte, mentre tutti gli altri sono più fortunati non dovendo subire le vostre esperienze così faticose e dolorose, e via dicendo.
Ecco, in questo stato di auto-compassione, in cui una persona può facilmente scivolare, assecondato dall’io che in tal modo si vede valorizzato, che ha qualcosa in più degli altri, anche in senso negativo, in questo stato finisce che l’individuo non reagisce più. E invece, bisogna fare tutta la cosa opposta.
È chiaro che malattie e morti sono esperienze tremende, non c’è dubbio; ma da quello che avete saputo grazie ai maestri, voi avete anche il modo di comprendere la ragione, la generale se non la particolare, e quindi di uscire fuori da quella che può essere una disperazione senza un filo di speranza, senza la consolazione per quanto amara di una spiegazione, della prospettiva di una ragione che possa aver condotto a quelle dolorose esperienze.
Uscire da sé stessi
Allora, anche se può sembrare facile parlare astrattamente, dall’esterno, di cose che invece vivete all’interno di voi stessi, allora vi assicuro che è perfettamente inutile lasciarsi abbattere, e compatire sé stessi nella prova. Non serve a niente. Mentre è importante reagire, intanto non vedendosi più perseguitati dagli altri, ma considerandosi oggetti di una esperienza che tanti altri fanno o hanno fatto.
Quanto al fatto, forse per voi il più tragico, della perdita di un congiunto, vi soccorrono le parole dei maestri. Qual è la forza che può aiutare a superare un’esperienza così dolorosa? Quella di capire, di vedersi dal di fuori; di capire che è un’esperienza amarissima, ma non più amara di quelle che tanti altri hanno. E, in questo senso, non compatirsi, ma cercare di dire a sé stessi: »In questa esperienza io debbo mostrare a me stesso e alla mia guida, il mio maestro spirituale, che sono forte e che posso sopportare questo, per trarne tutto l’insegnamento che se ne può trarre».
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