La guerra
Guerra: un termine che ognuno di noi vorrebbe fosse solo astratto. Invece in questo periodo è venuto prepotentemente alla ribalta e la sentiamo molto vicina a noi. Fisicamente è lontana, ma mai come in altre occasioni credo che la sentiamo vicina. Eppure nel mondo non mancano i conflitti, ma non ne siamo a conoscenza o non ne vogliamo parlare. Sì, perché riguardano paesi lontani, non solo fisicamente, ma anche culturalmente e finché non toccano i nostri interessi non ce ne preoccupiamo. Poiché oggi vediamo minacciate certe situazioni allora alziamo la testa e ci indigniamo. E diciamo no alla guerra e incitiamo a reagire in maniera pacifica o a imbracciare le armi.
Tutto questo è umano e accade fin da quando è comparso l’uomo sulla Terra e accadrà sempre, nonostante ci si auguri un futuro migliore. Per chi ritiene ci sia anche una dimensione spirituale, invece bisogna cambiare prospettiva. E una bella e profonda riflessione – basata su anni di conoscenza del pensiero filosofico del Cerchio Firenze 77 e di altre speculazioni spirituali – è stata fatta da Umberto Ridi in una pagina Facebook e dalla quale riprendo una parte. Come Umberto, ritengo che la Terra, dal punto di vista spirituale, sia un luogo in cui lo spirito viene per comprendere e per farlo, spesso come ultima ratio, deve passare attraverso il dolore e le vicende della guerra ne sono una parte. Condivido quindi tutte le osservazioni che Umberto fa e soprattutto quando scrive che la Terra non può essere un paradiso. Se lo fosse, aggiungo io, che senso avrebbe fare questa esperienza materiale?
Evoluzione per un mondo migliore
di Umberto Ridi
La legge karmica
Un amico scrive: «Secondo voi è possibile che in un imprecisato futuro, possa esistere (nella "storia generale" dell’umanità) un periodo duraturo di benessere e di pace a livello globale, in ogni parte del mondo?»
Questa è indubbiamente la speranza di molti, ma a pensarci bene, non credo che sia una cosa realizzabile in questi termini. Basta solo pensare alla legge del karma, per suscitare subito dei dubbi: attualmente, tutti siamo ben consapevoli di quanto odio, quanta violenza, intolleranza e sofferenza esiste ancora nel mondo, causate da moltissime persone, con fatti più o meno eclatanti.
Ebbene, abbiamo appreso dell’insegnamento che con la legge del karma, questi individui sicuramente dovranno vivere esperienze tristi o dolorose (l’effetto karmico) e sappiamo anche che questo potrà/dovrà avvenire necessariamente in future incarnazioni (quando ognuno sarà pronto per capire).
Seguendo la freccia del tempo sempre in avanti e non essendo possibili incarnazioni umane nel passato e/o al di fuori del pianeta Terra, già adesso potremmo arrivare alla conclusione che, in futuro (secoli futuri), ci saranno sempre luoghi in cui prevarrà malessere e sofferenza.
Infatti con un "paradiso" globale in terra, senza problemi o disagi, dove troverebbero l’ambiente ideale all’evoluzione quegli individui che dovranno subire i duri effetti karmici derivati dalle attuali esperienze?
Tutto lascia pensare che, in maniera più o meno circoscritta (o forse neanche tanto diversa da oggi), esisteranno ancora luoghi o situazioni sparse in tutto il mondo, in cui la vita sarà difficile, dolorosa, triste a seconda dei casi (e del karma, appunto, che così potrà attuarsi).
Ma oltre a questo bisogna aggiungere anche un altro aspetto: quello del nuovo scaglione di anime (meno evolute), che nei secoli/millenni futuri continueranno ad aumentare, contemporaneamente alla progressiva riduzione (per abbandono della ruota delle nascite e per il fenomeno delle fusioni dei Sentire) delle anime più evolute del vecchio scaglione, che si avvierà verso la naturale conclusione del ciclo di 50000 anni. […]
Il futuro della umanità
Da queste considerazioni emerge quindi un futuro che sarà caratterizzato sicuramente da periodi più tranquilli e felici (anche se relativamente brevi e circoscritti, non in grado di interessare l’intero pianeta), migliori di quelli attuali, ma al tempo stesso purtroppo da situazioni diametralmente opposte, costantemente presenti qua e là nei luoghi e nei tempi per i motivi già accennati.
In fondo se pensiamo ai secoli o ai millenni passati, vediamo esattamente la stessa cosa: un progressivo miglioramento di certe condizioni di vita, ma anche una costante presenza o persistenza di tutte le caratteristiche negative (o meglio, egoistiche) dell’uomo e del suo io, che poi si manifestano inevitabilmente all’esterno nei modi che ben sappiamo; in passato, in maniera più estesa, cruda e diretta, oggi (anche se non sempre e ovunque) in maniera forse più nascosta, subdola, ragionata adattandosi ai tempi che cambiano.[…]
Allora c’è da chiedersi: dov’è il mondo migliore a cui tutti noi aspiriamo e di cui si parla anche nell’insegnamento? […]
Esiste un mondo migliore, ma è costruito lentamente, faticosamente e in forme che non sono quelle del nostro immaginario.
Appartiene a ciascuno individualmente, per la ricchezza del proprio intimo e il senso della vita che saprà maturare. Ma anche a tutti collettivamente, se si superano le barriere di razze e civiltà e si riesce a vedere ciò che la nostra storia e la nostra eredità porterà a chi verrà dopo di noi.
Nel preparare questo articolo ho cercato qualche brano del Cerchio Firenze 77 che parlasse della guerra e ne ho trovati due. Il primo è una comunicazione medianica di François che parla della reazione umana alla minaccia di una guerra. L’avevo già trascritto in un post che riguarda il karma collettivo, ma qui lo ripropongo con altro intento.
La guerra, un appuntamento necessario per l’umanità
Dal complesso dell’esame dei fatti non possiamo che giungere alla conclusione che ci sono degli appuntamenti, nella vita di ogni uomo, ai quali l’uomo non può mancare. Questo però non significa che bisogna avere una visione completamente fatalistica della propria esistenza.
In modo analogo, anche la storia generale degli uomini vede degli appuntamenti che non possono essere assolutamente mancati dall’umanità. Gli orientali direbbero che sono i karma collettivi: quegli avvenimenti, cioè, che accomunano nell’esperienza molte creature, se non addirittura, a volte, quasi tutta l’umanità. I karma collettivi sono quegli appuntamenti che non possono essere mancati proprio perché riguardano un numero enorme di uomini.
La guerra è uno di questi appuntamenti. Dire quindi «speriamo, preghiamo perché la guerra non ci sia», che senso può avere se la guerra è in ogni caso una di quelle cose che, se deve avvenire, non può essere mancata, stornata?
La guerra per l’individuo e per la collettività
Ebbene, seppure certe cose non possono essere allontanate – e questo riguarda anche la vita di ognuno – tuttavia il fatto che ognuno di noi cerchi, desideri, abbia l’intenzione che quella cosa dannosa non avvenga, ha un profondo significato, in quanto manifesta nell’intimo di ogni uomo uno slancio di altruismo, di amore e di premura per i suoi simili che, se mancasse, segnerebbe una grave carenza.
Il pregare, il manifestare, qualunque azione di questo genere, di promozione verso la pace, con la preghiera e con la manifestazione o con quello che volete, segna qualcosa di veramente profondo nell’intimo di chi sente e fa questo. Ed è una cosa preziosa anche se, lo ripeto, tale azione di promozione non ha, sul piano concreto, l’effetto sperato, essendo la guerra uno di quegli avvenimenti segnati che nessuno può stornare. Ma quello che conta non è tanto ciò che l’uomo riesce a costruire all’esterno di sé, quanto quello che invece riesce a costruire nell’intimo suo. E questo pregare, adoprarsi affinché le cose volgano nel modo migliore e favorevole all’umanità, è una di quelle cose che dobbiamo trascrivere dentro di noi.
Il secondo brano fa parte di un discorso più complesso relativo all’esistenza spirituale di cui costituisce la parte finale. In esso si parla di due reazioni che l’uomo può avere: manifestare o pregare (e questo lo stiamo vedendo in queste ore): che validità possono avere queste due azioni? E dalle parole ricevute attraverso la medianità di Roberto Setti capiamo che qualsiasi reazione si abbia, questa è importante per la nostra interiorità e per la comprensione della realtà.
Guerra: pregare o manifestare?
Già sento qualcuno di voi concludere: «Se la guerra è un avvenimento predestinato, è inutile pregare o manifestare perché non avvenga». Ed eccoci tornati al nocciolo del problema. Secondo voi, che il capo di stato firmi o non firmi la dichiarazione di guerra, è lo stesso? Spero che riusciate a capire che se anche la guerra deve scoppiare, è estremamente importante che il capo di stato scelga la pace: l’atto investe la sua persona, la sua intenzione e quindi la sua comprensione, la sua evoluzione, la sua coscienza – che si tratta di avere o non avere, che c’è o non c’è. Vi pare poco?
Certo, ai fini collettivi la decisione del singolo non può mutare ciò che gli altri debbono avere o non avere, ma al fine individuale quanta importanza ha che si faccia o non si faccia una cosa indipendentemente da quello che sarà il risultato!
Se pensate che sia inutile cercare di aiutare i vostri simili perché comunque voi facciate le cose andranno come è scritto che vadano, vi dico che in ogni caso una cosa importantissima verrà a mancare: quella per la quale tutto esiste e vive, per la quale si succedono i giorni, le vite, le storie: la vostra coscienza, quella coscienza che è la manifestazione di un Dio nell’essere e in forza della quale esistiamo e per mezzo di cui nulla, infine, può rimanerci estraneo, dandoci essa la plenitudine assoluta.
Sicché, pregate o manifestate per la pace; anche se non potete cambiare le cose che non possono essere cambiate, potrete cambiare voi stessi e con voi stessi il mondo, la realtà nella quale vivete. Se anche il vostro operare altruistico non raggiungerà lo scopo prefissato, voi, operando, vi porrete dalla parte giusta. E questo vi pare poco o inutile?
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Per approfondire
Il Cerchio Firenze 77 è presente in Internet con la pagina Cerchio Firenze 77 e su Facebook con la pagina Cerchio Firenze 77 e con il gruppo Amici del Cerchio Firenze 77 gestiti da Umberto Ridi.
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