In questa comunicazione medianica, Kempis, una delle entità manifestatasi attraverso Roberto Setti – il medium del Cerchio Firenze 77 – parla del karma e dei principali aspetti della legge di causa-effetto, che riguardano tutti i mondi in cui l’uomo vive: quello materiale, ma anche quello dei sentimenti.
Il karma e la coscienza
Dicendo che karma è attività, azione, si può erroneamente credere che riguardi solamente la materia, il piano fisico. Ho detto prima che esiste una catena di cause e di effetti per ogni mondo e quindi per ogni tipo di attività dell’uomo: per quella fisica, per quella di sensazione, per quella pensativa e così via. Quel "così via" sta per mondo del sentire, per coscienza dell’uomo, vero bersaglio e fonte del karma, perché è qui che si ripercuotono, si incidono le esperienze, è da qui, dalla sua eventuale carenza o ricchezza, che l’uomo indirizza se stesso verso certe esperienze od altre.
Il karma, quindi, è solo una situazione esteriore nella misura in cui essa serve a produrre quel fermento interiore che dona comprensione e, quindi, coscienza. È logico che sia così. Ogni attività non è mai solo di un mondo: per esempio l’azione fisica è preceduta, accompagnata, seguita da sensazioni e pensieri, ed è promossa o permessa dal sentire, dalla coscienza dell’uomo, perciò l’effetto deve essere globale, andando poi a colpire il fulcro dell’individuo, quello da cui ha origine il modo di essere, il vero responsabile dell’attività individuale.
Tutto avviene in modo molto semplice nella dinamica, anche se, nel dettaglio, il karma è stato assimilato ad una corda formata da moltissimi fili.
Esempio di causa ed effetto: l’avarizia
Supponiamo che Tizio sia avaro. Intanto, lo è perché la sua coscienza non è costituita a tal punto da impedirgli di esserlo. Dico così genericamente perché le ragioni dell’avarizia possono essere molte: per esempio bisogno di accumulare per ricercare la sicurezza, mancanza di generosità nei confronti degli altri, e via e via. Comunque tutte le ragioni si annullano in un anelito di altruismo: infatti, il fine è questo, che l’insieme delle esperienze, dei karma, insegnano. Il nostro avaro penserà da avaro, desidererà da avaro, agirà da avaro, cioè alimenterà una catena di cause in cui ogni genere di attività umana è improntata all’avarizia: attività fisica, di sensazione, di pensiero. L’effetto delle sue attività non poteva che ripercuotersi a livello fisico, astrale e mentale. In che modo si ripercuoterà?
Qui, per rispondere, si deve conoscere la ragione dell’avarizia, al di là della mancanza di altruismo. Supponiamo che sia non voler dare agli altri, desiderare di accumulare per essere più degli altri. Le cause mosse lo porteranno, come effetto, in situazioni da cui capirà che non serve avere un desiderio smodato di beni e di ricchezze. Tale comprensione scaturirà, per esempio, dal vivere in una successiva vita una situazione in cui egli vivrà l’avarizia di un suo simile e ne sarà la vittima. A quel punto egli ha imparato a non essere avaro ma non ha superato il desiderio di essere più degli altri. Di conseguenza avrà un’altra vita in cui, per esempio, crederà di raggiungere la considerazione e la valutazione altrui essendo prodigo. E così via. Ecco la catena deterministica delle cause di cui quello che si chiama karma fa parte. Ma tutto è karma.
Gli aspetti della legge di causa-effetto
Molti credono che il karma si provochi facendo una scelta errata, consci però di errare, e che solo allora si muova la causa che richiamerà l’effetto doloroso. Una tale visione sarebbe giusta se il dolore fosse punizione, ma così non è: il fine del karma è di dare quella coscienza la cui mancanza fa essere l’individuo in modo non armonico alla realtà di unione del Tutto. Siccome la mancanza c’è tanto che uno ne sia consapevole quanto che non lo sia – anzi, semmai chi non ne è consapevole è ancora più carente – è chiaro che non ha nessuna importanza, agli effetti del karma, che lo si sia chiamato consapevolmente o meno.
Gli aspetti principali della legge di causa-effetto si possono riassumere come segue:
1 – Ogni attività promossa o indotta o liberamente avviata reca con sé un effetto. Tale principio vale per il mondo fisico, per quello delle sensazioni, per quello del pensiero; insomma per ogni mondo e per ogni categoria di fenomeni.
2 – L’effetto è della stessa natura della causa ed è strettamente legato ad essa.
3 – Si creano cause tanto volontariamente quanto involontariamente, perché l’accadere dell’effetto non è subordinato alla consapevole consumazione della causa.
4 – L’effetto ricade su chi ha mosso la causa.
5 – L’effetto ricade col fine di dare coscienza al soggetto che lo promosse. L’effetto ricade quando il soggetto è pronto a comprendere, cioè quando il soggetto, dall’effetto, trova la coscienza che gli mancava.
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