Christof Koch, la scienza e le Near Death Experiences (NDEs)



Critiche e osservazioni su un articolo sulle esperienze di premorte

KochChristof Koch è un neuroscienziato statunitense che si occupa del funzionamento del sistema nervoso – cioè del cervello, del cervelletto, del midollo spinale e dell’insieme dei nervi – e di coscienza. Recentemente ha scritto per la rivista Scientific American, di cui è membro del comitato scientifico, un articolo sulle esperienze in prossimità della morte, le cosiddette Near Death Experiences (NDEs), riprodotto nel fascicolo di agosto 2020 di Le Scienze, la sua versione italiana.
Venutane a conoscenza, sono stata curiosa di leggerlo, perché questo periodico non pubblica frequentemente articoli che trattano argomenti cosiddetti di frontiera. Certo, quello delle NDE ormai non è pertinente ad un gruppo ristretto di ricercatori, perché da diversi decenni è uscito dai confini del paranormale ed è affrontato in numerosi ambienti accademici. Sfogliando la bibliografia su questo tema si trovano studi di ogni genere anche in riviste di prestigio che lo analizzano non solo da un punto di vista teorico o sperimentale per comprenderne i meccanismi, ma ne indagano anche gli effetti che hanno su coloro che vivono queste esperienze.

KochChristof Koch ha ritenuto perciò opportuno scrivere un articolo sulle NDE, senza dare però, a mio avviso, alcun contributo originale. Nel leggerlo mi è sembrato che volesse solo ribadire il fatto che, pur considerandole reali, ritenga possibile interpretarle in modo naturale e non soprannaturale. Oltre a descriverne le caratteristiche principali cita alcuni casi secondo lui semplificativi, come quello di Ernest Hemingway. Il suo articolo, infatti, inizia così: «Un giovane Ernest Hemingway, gravemente ferito dall’esplosione di una granata sul campo di battaglia durante la prima guerra mondiale, scrisse in una lettera a casa che "morire è una cosa semplicissima. Ho visto la morte in faccia, e lo so. Se fossi morto sarebbe stato molto facile per me. La cosa in assoluto più facile che abbia mai fatto".
Anni dopo, il grande scrittore statunitense adattò la propria esperienza – quella dell’anima che lasciava il corpo, volava via e poi ritornava – per il racconto Le nevi del Kilimangiaro».

KochKoch riassume il contenuto del racconto, terminando con «La descrizione racchiude elementi di una classica esperienza ai confini della morte: il buio, la cessazione del dolore, l’emersione alla luce e poi una sensazione di pace interiore». Curiosa, ho voluto leggere lo scritto di Hemingway, la cui trama conoscevo debolmente avendo visto parecchi anni fa il film che ne hanno tratto. Mia intenzione era infatti quella di riportare il brano in questione in un articolo insieme ad altri citati da Koch, perché non conosciuti da tutti. Ma ho avuto una bella delusione. Nel leggerlo non ho ritrovato, se non forzandomi un po’, le caratteristiche di una NDE. Se Hemingway ha avuto una NDE non lo so, sarebbe interessante sapere se l’ha descritta in qualche lettera o ha solo scritto le parole riportate da Koch.
Questa non è stata la mia prima delusione durante la lettura dell’articolo di Koch.

KochLo scienziato riconosce che «le NDE non sono voli fantastici dell’immaginazione» e in un passo successivo afferma che «accetto che queste esperienze vissute intensamente siano reali. Sono autentiche come ogni altra sensazione o percezione soggettiva». Cita, poi, uno studio del 2017 condotto da due ricercatori dell’Università della Virginia (peccato che non li nomini) che hanno chiesto a poco più di cento persone, tramite un questionario, di «confrontare i ricordi delle loro NDE con quelli di eventi reali, oppure immaginati, risalenti grosso modo allo stesso periodo. I risultati suggeriscono che le NDE erano rievocate con maggior vividezza e dettaglio rispetto alle situazioni, reali o immaginate che fossero. In breve, le NDE erano ricordate per essere più reali della realtà». Poco prima Koch afferma che «Per buona parte delle persone questi eventi [cioè di esperienze in prossimità della morte, non necessariamente NDE] perdono di intensità, e alla fine si riafferma la normalità (benché potrebbero lasciare lo strascico di un disturbo da stress post-traumatico). Ma le NDE sono rievocate per decenni con un’intensità e una lucidità insolite». Ecco, il tema del ricordo e della vividezza dell’esperienza è un fatto appurato da sempre, cioè dai primi ricercatori che si sono occupati dell’argomento, e quello da lui citato non è l’unico studio effettuato, ma dal suo scritto sembra invece sia così. Non riporta, quindi, uno studio innovativo ed esplicativo sulle NDE.

KochIn un passo successivo Koch esprime il suo pensiero su come possano essere interpretate le NDE e cioè: «nella mia veste di scienziato mi muovo guidato dall’ipotesi che i nostri pensieri, ricordi, oggetti di percezione ed esperienze siano la conseguenza ineludibile del potere naturale causale del nostro cervello, non di qualche potere soprannaturale… [per cui] non vedo alcuna ragione per abbandonare questo presupposto.
La sfida è quindi spiegare le NDE in un contesto naturale. Nella mia veste di studioso di lungo corso del problema mente-corpo, ho a cuore le NDE
». Su questo non ho dubbi e credo che ormai sia dimostrato, attraverso numerosi e diversificati studi, che l’una influenzi l’altro e viceversa.

KochProsegue, poi, facendo un’osservazione importante, che, però, non sviluppa adeguatamente secondo il mio punto di vista, e cioè «La ragione è che costituiscono una varietà rara della coscienza umana, e per il fatto sorprendente che un evento ben più breve di un’ora di tempo oggettivo lascia sulla sua scia una trasformazione permanente, una conversione di Paolo sulla via di Damasco: più nessuna paura della morte, un distacco dai beni materiali e il volgersi verso il bene più grande; oppure l’ossessione per il rischio e per la morte, come in Hemingway». Riguardo alle prime affermazioni ci sono numerose testimonianze, perché chi vive una NDE subisce trasformazioni profonde nella propria vita, anche a livello di rapporti interpersonali, tanto da effettuare dei cambiamenti di rotta prima impensabili. Sull’ossessione per il rischio e per la morte, sinceramente, non ricordo di aver trovato delle testimonianze in merito, ma per quanto riguarda Hemingway non mi sembra che quella esperienza abbia portato questo in lui, basandomi sulla descrizione del suo carattere fatta da Anna Luisa Zazo che ha commentato il racconto da me letto. Ma questo è un aspetto poco importante della questione.

KochQuello che mi preme rilevare è che in seguito lui non parli di un cambiamento del genere subito da chi ha avuto esperienze che Koch definisce "mistiche" per aver ingerito sostanze psicoattive o, per esempio, dopo essere stato sottoposto a test astronautici. Lo studioso paragona le sensazioni provate in questi casi a quelle vissute durante le NDE, ma io mi chiedo se hanno provocato le stesse conseguenze. Ciò non è dato sapere e nessuno di coloro che ha svolto ricerche di questo genere mi sembra ne abbia parlato.
Non voglio dilungarmi oltre nella disanima dell’articolo di Koch, che cita studi svolti anche in ambito neurologico e paragona alcune sensazioni avute nelle NDE con quelle di chi ha crisi epilettiche, esemplificate da una descrizione fatta da Fëdor Dostoevskij ne L’idiota e che da lui prendono il nome.
Ripeto, mi sarebbe interessato di più riportare in un articolo alcuni dei casi da lui citati, come quello dell’ammiraglio Sir Francis Beaufort – che ha dato il nome alla scala Beaufort dei venti – che ha avuto un’esperienza particolare durante un annegamento o quello del chirurgo scozzese Alexander Ogston – lo scopritore dello Staphilococcus – durante un attacco di febbre tifoide. Purtroppo non sono riuscita a risalire alle fonti e non mi bastava riportare le parole inserite nell’articolo di Koch.

KochDesidero, però, commentare altre affermazioni di questo studioso. Dopo aver spiegato cosa succede quando il cuore cessa di battere durante un arresto, e cioè che il cervello non riceve più il sangue e la sua attività è interrotta. «Come una città che perde energia elettrica un sobborgo dopo l’altro, così regioni locali del cervello smettono di funzionare una dopo l’altra. La mente, il cui substrato è qualunque neurone ancora capace di generare attività elettrica, fa quello che è solito fare: racconta una storia plasmata dall’esperienza, dalla memoria e dalle aspettative culturali della persona. Considerando queste interruzioni di corrente, questa esperienza potrebbe produrre le storie piuttosto strane ed eccentriche che formano l’insieme dei resoconti di NDE».

Successivamente, parlando di stimolazioni elettriche al cervello di persone che soffrono di crisi epilettiche e che provano sensazioni analoghe a quelle delle NDE, ipotizza che «Forse queste esperienze estatiche sono comuni a molte forme di morte, se la mente rimane lucida e non è smorzata da oppiacei o da altre sostanze somministrate per alleviare il dolore. La mente, incatenata a un corpo morente, visita la propria versione privata del paradiso o dell’inferno prima di entrare nell’amletica terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore».

KochIo, infine, mi chiedo, così come non spiega o perlomeno non suggerisce un modo per interpretare la vividezza del ricordo dell’esperienza, nello stesso modo si contraddice quando scrive «versione privata del paradiso o dell’inferno» [sì, perché non ci sono solo NDE positive, ma anche esperienze traumatiche e davvero terrificanti, di cui, però le persone sono reticenti a parlare]. È risaputo, come lui fa notare, che «L’aspetto curioso è che le NDE accadono nei credenti devoti con la stessa probabilità dei soggetti laici o non praticanti», per cui non può essere una "versione privata", dato che i non credenti negano l’esistenza di tali realtà. Inoltre, nel caso di un infarto dice che il cervello «racconta una storia plasmata dall’esperienza, dalla memoria e dalle aspettative culturali della persona», ma le descrizioni di coloro che hanno avuto una NDE non differiscono tra loro, sono indipendenti dall’ambiente culturale e sociale da cui provengono.

Altro non desidero aggiungere se non che nella bibliografia per approfondire l’argomento indica solo due testi. Sarebbe stato utile citare le fonti da cui ha riportato i casi (in quello di Hemingway è chiaro), così come la ricerca dell’Università della Virginia e il lavoro di Susan Blackmore in questo ambito. Poiché, come ho scritto all’inizio di questo articolo, gli studi effettuati sulle NDE o legati ad esse sono davvero numerosi, avrebbe potuto anche segnalare un sito dove reperire quelli più recenti.
Mi aspettavo un articolo con delle novità o con un contributo originale, niente di tutto questo. Ciò che ho letto lo conoscevo già (esclusi gli esempi da lui citati) e alcune informazioni che ha dato erano necessarie soprattutto per chi ignora il fenomeno. Tuttavia in un periodico come questo mi aspettavo davvero di più.

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Glossario

NDE (Near-Death Experience) o esperienze di premorte

Raymond Moody e le NDE (Near-Death Experience)

Candace Pert e le molecole di emozioni: la biologia degli stati della mente

Per approfondire

Christof Koch: "Viaggio ai confini della morte", Le Scienze, agosto 2020, pag. 75-79

Profilo di Christof Koch nella pagina dell’Allen Institute for Brain Science in cui ricopre il ruolo di chief scientist del programma Mindscope

Ernest Hemingway: Le nevi del Kilimagiaro, ed. Mondadori 2011

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About The Author

Magicamente Colibrì

Ho fatto studi classici al liceo e scientifici all’università, perché amo entrambi i mondi. Questa mia formazione è dovuta al fatto che in me convivono bene gli aspetti che caratterizzano l’essere umano, cioè quelli legati al pensiero razionale e a quello non razionale, e che sottintendono, rispettivamente, alla scienza e alla spiritualità. Molti sono i miei interessi e i post del blog lo dimostrano.

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