Il mestiere dell’astrologo a Babilonia tra astrologia e astronomia



Astronomia e astrologia: saperi antichi

astrologoLa figura dell’astrologo e l’astrologia sono nate diversi millenni fa in Mesopotamia, regione dove sono sorte grandi civiltà come quella sumerica, quella babilonese e quella assira. Che l’astrologia fosse antica lo sapevano anche gli scrittori classici greci e latini che parlavano di astrologia caldea e chiamavano Caldei gli astrologi (terminologia usata fino al XIX secolo) dal nome con cui identificavano i babilonesi. Non si sa quando di preciso siano nate, ma si comprende che l’astrologia era conosciuta fin da prima dei sumeri – che arrivarono in quei luoghi almeno quattromila anni fa -, come sappiamo da documenti risalenti a questa civiltà.
La cultura delle popolazioni mesopotamiche ha avuto un’importanza non marginale in quelle successive e l’influenza del loro pensiero è stata ed è oggetto di studio da parte di ricercatori di vari settori, come la religione e l’architettura, tanto per fare alcuni esempi. Ancora molto c’è da scoprire, perché non tutto il materiale ritrovato è stato analizzato compiutamente. Tuttavia grazie all’impegno, e talvolta anche ai sacrifici, degli studiosi e con la traduzione dei testi ritrovati, le informazioni acquisite sono molteplici. Infatti, tramite le numerosissime tavolette incise in caratteri cuneiformi si è potuta conoscere non solo l’organizzazione degli stati, ma anche la vita quotidiana e di corte, così come i rapporti tra i popoli, l’economia di stato e la scienza.

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Particolare della stele-kudurru di Mardukzakirshumi I, IX secolo a.C., (museo del Louvre)

Tra le civiltà che si sono succedute in Mesopotamia, quella babilonese (stanziatasi lì dal secondo millennio a.C.) era molto attenta alla cultura. Diversi regnanti si sono interessati alla conservazione dei documenti nelle biblioteche sorte nelle città principali sotto il loro dominio. In particolare Nabucodonosor II (634 a.C. – 562 a.C.) è stato uno dei più illuminati e ha dato grande impulso ad ogni forma di sapere, soprattutto allo studio dell’astronomia e della matematica.
Fin dal 2000 a.C. l’astronomia era una scienza, anche se si osservava il cielo per poter cogliere i segni della volontà divina. Chi lo faceva era anche astrologo, cioè – secondo quanto riferisce Giovanni Pettinato, conoscitore e studioso delle civiltà mesopotamiche ed epigrafista, nel suo libro dedicato all’astrologia mesopotamica -, «l’esperto delle cose celesti, colui che conosce perfettamente il movimento delle stelle e ne interpreta i segni che gli dei mandano agli uomini perché possano regolare la loro vita e così non soccombere ai mali eventuali». Tuttavia, non prima del VI-V secolo a.C. si inizia a parlare di una ben precisa figura dedicata a ciò. Infatti, come ricorda Lorenzo Verderame docente di assiriologia, «Le numerose tavolette di contenuto astronomico/astrologico dei periodi precedenti sono compilate da persone che portano diversi titoli legati alla pratica della divinazione e della terapeutica, ma nessuno si definisce con un termine che distingua un professionista della cosiddetta "scrittura celeste"».

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Melishipak I: la luna crescente rappresenta il dio Sin, il sole Shamash e la stella la dea Ishtar (Museo del Louvre)

Che cosa osservava l’astrologo? Innanzitutto sette pianeti (tra i quali si annoveravano la Luna e il Sole), le dodici costellazioni (i cui nomi, di origine sumerica, coincidono in buona parte con quelli che conosciamo oggi), le stelle fisse, ma anche eventi di vario genere, come tempeste, venti, comete, meteore. Dei pianeti seguiva tutte le posizioni (già a quei tempi si esaminavano gli aspetti, cioè le congiunzioni, le opposizioni, le quadrature), come il momento di levata e di tramonto nel cielo, i colori e la luminosità.
Per fare ciò utilizzava, grazie alle conoscenze ereditate dai sumeri a cui il popolo babilonese doveva molto, soprattutto l’osservazione a occhio nudo, mentre effettuava i calcoli per la lunghezza dell’ombra con lo gnomone e la meridiana. Per misurare il tempo o il movimento delle stelle e dei pianeti usava la clessidra, per altre misure di tempo invece l’orologio ad acqua, mentre per le distanze tra pianeti e stelle si serviva del palmo della mano e delle dita.

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rovine di Babilonia

Spesso si dice che l’astrologia è la madre dell’astronomia, ma si può dire che queste due branche del sapere si sono date la mano in quei primi millenni avanti Cristo e hanno continuato a farlo fino a quando, in secoli più vicini a noi, l’astronomia ha voluto distaccarsi e distinguersi dall’astrologia. Quest’ultima, infatti, a partire dalla fine del XVII secolo è stata allontanata dal mondo del sapere perché ritenuta una mera superstizione. Solo nel XIX secolo è stata riscoperta e, anche se a tutt’oggi molta parte degli uomini di cultura non la prende in considerazione, alcuni studiosi hanno iniziato a reputarla importante per lo studio delle civiltà.
Che l’astrologia possa degenerare nella superstizione e nella credulità è indiscutibile, ciò che invece non deve essere dimenticato è che fa parte della storia del pensiero umano con dignità. Oggi chi la critica lo fa perché ne conosce solo gli aspetti superficiali, mentre potrebbe darne un giudizio più corretto se approfondisse l’argomento. Ma la veridicità o meno dell’astrologia non è il tema di questo scritto, mentre lo è il mestiere dell’astrologo nella civiltà babilonese.

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Ishtar, dea dell’amore e della guerra, era legata a Venere

L’astrologia in Mesopotamia si accompagna con il pensiero religioso e ne fa fede il significato originale di Babilonia che è porta del dio nel senso di luogo santo, abitato dagli dei. Questa connessione si trova anche in altre regioni della Terra, basti pensare all’estremo oriente e alle terre del sud America. Qui l’astrologia è nata in epoche più tarde e ha compiuto percorsi diversi da quella che è poi giunta fino a noi dalla Mesopotamia, pur con delle varianti.
Anche l’astronomia era strettamente legata alla religione, che aveva le sue basi in quella sumerica, civiltà vissuta precedentemente in Mesopotamia e che ha influenzato non poco quella babilonese. Ed era unita anche alla mitologia, basti pensare che nel poema L’epopea di Gilgamesh risuonano concezioni astrali. La visione religiosa era il punto centrale del pensiero babilonese e, come afferma Giovanni Pettinato, «gli astri e i pianeti sono creazione del grande dio Marduk, signore di Babilonia». Ognuno di essi rappresentava una divinità, così come ogni costellazione ne era l’immagine. E a Marduk, il principale dio babilonese, era associato Giove, pianeta dominante dei tre segni di fuoco: Ariete, Leone e Sagittario.

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Marduk

Osservare il cielo voleva dire cercare nei suoi elementi la manifestazione della loro volontà tramite segni da interpretare non solo attraverso l’astrologia, ma anche utilizzando varie forme di divinazione. Tra queste vi erano l’epatoscopia (osservazione del fegato di ovini sacrificati), la libanomanzia (osservazione delle volute di fumo dell’incenso) e l’oniromanzia (interpretazione dei sogni).
Secondo i babilonesi, che avevano uno spiccato interesse per la magia e per l’occulto, ogni cosa era una creazione divina e aveva una sua precisa ragione d’essere; niente avveniva per caso e tutto aveva un significato. Quindi l’astrologia individuava le influenze che tutti gli eventi celesti (compresi quelli climatici) potevano avere sulla vita del popolo e sulle azioni dei regnanti. Per questo motivo i calcoli per determinare, per esempio, un’eclisse o una certa congiunzione astronomica, dovevano essere precisi. Inoltre, il legame tra il Cielo e la Terra, tra macrocosmo e microcosmo, era molto stretto tanto che, come è testimoniato nel cosiddetto Manuale dell’Astrologo, cioè l’Enuma Anu Enlil uno dei tanti testi sull’argomento:

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Enuma Anu Enlil

Cielo e terra, ambedue mandano segni univoci,
ognuno per proprio conto, ma non indipendentemente, (ché) cielo e terra sono interconnessi,
un segno cattivo in cielo è anche cattivo in terra,
un segno cattivo in terra è anche cattivo in cielo.

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Mappa del mondo babilonese

Alla corte babilonese l’astrologo era una figura molto importante e tramandava il suo sapere di padre in figlio, anche se talvolta c’era chi, pur non avendo una tradizione famigliare, lo diventava. L’astrologo doveva avere una solida e vasta conoscenza di molte cose, tanto che c’erano vere e proprie scuole di astrologia, alcune delle quali avevano acquisito notevole fama. Per la sua formazione, oltre a condividere l’esperienza con chi esercitava quel mestiere, apprendeva nozioni teoriche attraverso i testi che nel tempo si erano andati compilando. Tuttavia, dato che l’astrologia era ritenuta di origine divina, il suo sapere non doveva essere noto ai non iniziati.
La trascrizione di queste conoscenze era effettuata da figure molto importanti presso molti popoli, gli scribi, che ricopiavano testi delle generazioni precedenti talvolta aggiungendo osservazioni effettuate nel loro tempo. Tutto veniva trascritto, e ricopiato, con precisione, soprattutto l’interpretazione dei segni divini in modo da rendere disponibili queste informazioni a chi doveva poi dare indicazioni al sovrano sui comportamenti da tenere in determinate circostanze.

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Particolare della mappa del mondo babilonese

Come si è detto, la formazione dell’astrologo era considerata davvero importante e i corsi seguiti erano molto impegnativi. Per di più, era altrettanto significativa la conoscenza di ulteriori discipline, per cui un astrologo doveva padroneggiare anche le pratiche di magia e altre forme di divinazione. L’astrologo, una volta formato, era consultato dal sovrano a cui doveva indicare le azioni da eseguire, i momenti favorevoli per compierle, oppure quelle da intraprendere nel caso di possibili eventi negativi. Il pensiero babilonese non riteneva che gli eventi fossero definitivamente prestabiliti, ma che ci fosse la possibilità di intervenire su di loro e cambiarne quindi il corso. Pensiero molto diverso da quello che venne poi sviluppandosi nel tempo, anche se attualmente l’astrologia propende per l’interpretazione originaria.
Il sovrano assumeva l’astrologo – che doveva essere esente da difetti fisici – non solo come consigliere personale, ma anche come educatore del principe ereditario. Inoltre, esigeva che gli inviasse con regolarità dei rapporti in merito alle osservazioni fatte e alle spiegazioni dei fenomeni celesti. Se le indicazioni dell’astrologo non erano precise, il re lo allontanava da corte e gli toglieva tutte le sue prerogative, come si può evincere da alcuni documenti che lo attestano. Era quindi interesse dell’astrologo non essere superficiale e seguire l’ammonimento conclusivo del Manuale dell’astrologo: «Sta’ attento e non essere superficiale!»

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Giulio Campagnola – L’astrologo (1509)

Grazie a questo importante documento e ad altri testi dedicati all’astrologia che sono pervenuti direttamente o tramite citazioni o copie, oggi si conosce il peso che l’astronomia e l’astrologia hanno avuto nella storia babilonese, e non solo in quella. Il sapere babilonese si è diffuso infatti in altri paesi e già negli ultimi secoli prima di Cristo in Grecia e a Roma gli si dava molta importanza.
Ma tutto ciò e quello che l’astrologia ha significato in altre culture non sono temi relativi a questo scritto, che, tuttavia, non esaurisce il discorso sul mestiere dell’astrologo a Babilonia. Ho voluto solo tracciare un breve ritratto dell’astrologo babilonese e non parlare dell’astrologia e del suo significato per far vedere che, comunque oggi la si pensi, dobbiamo renderci conto che non si può prescindere da essa, perché, volenti o nolenti, fa parte della storia dell’uomo ed ha contribuito al suo sviluppo.

Inoltre, come ha acutamente osservato Eugenio Garin, storico e filosofo di notevole valore, a conclusione della prefazione alla Storia dell’astrologia di Franz Boll, Carl Bezold e Wilhelm Gundel:

Il fatto stesso che certi atteggiamenti sopravvivano, e di continuo risorgano nella storia, e si intreccino al progredire dell’uomo, propone problemi che vanno affrontati: storici e teorici; di genesi e di significato. […]
L’astrologia non è sopravvissuta solo a Copernico e a Keplero (che all’astrologia credevano), ma a Galileo e a Newton, e perfino a Einstein. Ed è sopravvissuta, fra l’altro, perché prima ancora di essere una superstiziosa fede nelle stelle e una tecnica sbagliata e assurda, si lega a una possibile concezione della realtà. «Non v’è cosa che accada in un luogo qualsiasi del mondo che non influenzi in qualche maniera tutte le cose esistenti»: chi parla così della "universale simpatia di tutte le cose", non è né un mago né un astrologo: è Leibniz.

Ecco, come ha contribuito allo sviluppo dell’astronomia, così l’astrologia potrebbe fornire una diversa visione del mondo proprio perché «si lega a una possibile concezione della realtà». E oggi non sono pochi coloro che, pur con parole diverse, condividono il pensiero del filosofo e scienziato tedesco.

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Per approfondire

Franz Boll, Carl Bezold, Wilhelm Gundel: Storia dell’astrologia, ed. Laterza 1985

Giovanni Pettinato: La scrittura celeste, ed. Mondadori 1998

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About The Author

Magicamente Colibrì

Ho fatto studi classici al liceo e scientifici all’università, perché amo entrambi i mondi. Questa mia formazione è dovuta al fatto che in me convivono bene gli aspetti che caratterizzano l’essere umano, cioè quelli legati al pensiero razionale e a quello non razionale, e che sottintendono, rispettivamente, alla scienza e alla spiritualità. Molti sono i miei interessi e i post del blog lo dimostrano.

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