Guido Cossard: Cieli perduti



Archeoastronomia: le stelle dei popoli antichi

Cieli perdutiGuido Cossard, fisico, oggi è ritenuto un qualificato archeoastronomo, cioè uno studioso di astronomia applicata all’archeologia, e su tale argomento ha scritto Cieli perduti.
L’archeoastronomia è una scienza relativamente recente e accomuna due discipline che sembrerebbero distanti tra loro: l’archeologia e l’astronomia. è lo studio dell’astronomia dell’antichità, o meglio di ciò che si può dedurre dai reperti archeologici sull’osservazione del cielo effettuata nei tempi passati.

Come giustamente fa notare Cossard, l’uomo preistorico aveva certamente «una curiosità intellettuale analoga alla nostra, una capacità di ragionamento simile e si poneva già in maniera critica di fronte ai problemi e ai fenomeni naturali», pertanto quando si spostava nel territorio e sostava per riposare aveva modo di osservare la volta celeste e tutto ciò che vi accadeva. Curiosità di capire i meccanismi celesti, ma anche necessità vitali lo hanno spinto a studiare il cielo.

Cieli perdutiSì, perché l’uomo dell’antichità aveva certamente capito che certi fenomeni celesti erano periodici e che sarebbe stato utile comprenderli in modo da organizzare le sue attività, prima fra tutti la coltivazione dei campi. Pertanto riteneva importante misurare il levare e il calare degli astri, e in particolare quelli del sole e quelli della luna. Da questa curiosità e da questa necessità di studiare le leggi (dal termine greco nomos, legge) degli astri assumeva l’identità di astronomo.
Inoltre, considerando il cielo come dimora degli dei, lo riteneva strettamente legato alla terra e alle vicende umane. Perciò interpretava i fenomeni celesti come segni della volontà degli dei o come indicazioni di probabili eventi futuri, consigliando sul comportamento da tenere. In questo modo, rendendo manifesta la parola divina (dal termine greco logos, parola) assumeva l’identità di astrologo. Non di rado, poi, astronomo e astrologo coincidevano nella stessa persona.

Nel tempo questi due ruoli si sono sviluppati in successione, così come il desiderio di conoscenza dei fenomeni celesti per motivi pratici e per motivi spirituali, come si evince anche dallo studio dei reperti archeologici. Ed ecco quindi che Cieli perduti di Guido Cossard ci dà informazioni al riguardo. Molto ancora c’è da scoprire, ma questo volume illustra ciò che oggi sappiamo in ambito archeoastronomico in maniera adeguata.

Cieli perdutiNella prima parte di quest’opera Guido Cossard descrive l’osservazione astronomica nell’antichità, facendolo dal punto di vista dell’uomo antico, dotato solo dei suoi occhi e del suo desiderio di leggere i fenomeni celesti, come le comete e le eclissi tra i più appariscenti. E illustra i diversi simboli (come spirali o coppelle, per esempio) con cui l’uomo preistorico li ha identificati, incidendoli sulle rocce, arrivando a rappresentare delle vere e proprie mappe celesti.
Racconta, poi, come in molti siti archeologici si sono individuati intenti astronomici in base alla posizione di alcune strutture (semplici insiemi di pietre di ogni dimensione e/o edifici) o di ciò che ne resta. Spiega anche che non sempre all’inizio dello studio di queste aree si sono riconosciuti elementi riconducibili a questo proposito, motivo per cui l’archeoastronomia è una scienza recente. Ci informa, inoltre, che l’uomo si è dapprima proposto di porre dei punti di riferimento per misure astronomiche e solo in seguito ha attribuito loro un significato sacro, costruendo così delle strutture cultuali. In molte località, infatti, sono state individuate sovrapposizioni costruttive, che hanno confermato queste ipotesi.

Cieli perdutiGuido Cossard, così, presenta le aree archeoastronomiche studiate fino ad oggi in Europa e in Italia, dando rilievo a quelle che hanno fornito i maggiori risultati, e più brevemente, a causa dei più scarsi rilievi, di quelle extraeuropee. Si sofferma soprattutto sui siti di Stonehenge in Gran Bretagna, di Carnac in Francia e di Newgrange in Irlanda. Così come sui luoghi dove ha personalmente compiuto delle ricerche, come l’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans o il cromlech del Piccolo San Bernardo in Valle d’Aosta.
Nella seconda parte del libro – meno "corposa" della prima, ma altrettanto esaustiva -, lo studioso parla dell’astronomia presso le varie culture succedutesi nel tempo: da quelle mesopotamiche a quella cinese, da quella ebrea a quella araba, da quelle europee (l’etrusca e la druidica) a quelle delle Americhe. In particolare tratta della cosmologia, della misurazione del tempo (e insieme ad esso la creazione del calendario, a volte simile a volte totalmente diverso nelle varie civiltà), di alcune delle divinazioni o dei simbolismi da loro concepiti.

Cieli perdutiInfine, nella terza parte – costituita da una ventina di pagine circa -, Guido Cossard brevemente mostra come l’archeoastronomia possa essere considerata anche in relazione a tempi più recenti. Ritiene infatti che lo studio dell’orientamento astronomico di strutture ecclesiali e non risalenti al Medioevo prometta ulteriori sviluppi. Fa poi notare come si stia sviluppando un altro filone di ricerca: l’etnoastronomia, lo studio delle popolazioni in base alle loro conoscenze astronomiche. Infatti «l’astronomia ha sempre rivestito, presso tutte le popolazioni antiche, un ruolo importantissimo. Talvolta l’approccio era più simbolico, altre volte più tecnico. […] Tutti i popoli hanno sempre osservato con attenzione il cielo anche perché la volta celeste, pur con le differenze dovute alla latitudine, è comune a tutti. […] Il cielo era, tutte le notti, il soffitto quotidiano che ogni popolo vedeva, osservava e interpretava. Ecco perché, per conoscere gli aspetti più reconditi e intimi di una popolazione, lo strumento più efficace che ci sia è quello di utilizzare la scienza antica più nota: l’astronomia. Le usanze, le credenze e i riti di tutti i popoli sono così strettamente connesse con l’astronomia che si può parlare di una nuova scienza: l’etnoastronomia». Chiude poi il capitolo parlando di come ancora oggi siano in uso misurazioni astronomiche e calcoli che certamente risalgono a tempi remoti.

Cieli perdutiCieli perduti è una buona base per iniziare a conoscere l’archeoastronomia, anche per chi non ha una cultura scientifica. Infatti, i principali fenomeni legati all’orientamento delle strutture sono spiegati sinteticamente in maniera efficace, così come la scrittura è scorrevole e ben articolata, anche nelle descrizioni più complesse. Il volume è anche una guida, perché i luoghi descritti potrebbero essere (e in alcuni casi lo sono già) mete eventuali di una gita o di un viaggio. Ci permette, inoltre, di imparare ad allargare la nostra visione del mondo e della storia: oggi siamo abituati alle specializzazioni, alle divisioni dei saperi, ma la realtà non è questa. La realtà è un mondo complesso fatto di legami non sempre visibili, non sempre riconoscibili, ma fondamentali per la sua comprensione.
Il libro, corredato anche da una buona bibliografia, è stato pubblicato nel 2010, ma rieditato nel 2018, con l’aggiornamento di alcuni argomenti e l’aggiunta di altri, tra i quali il disco di Libarna e l’orientamento astronomico di alcune città romane.

Cieli perdutiNelle sue conclusioni, Guido Cossard fa alcune riflessioni venate di amarezza ma anche di speranza:
«Abbiamo esaminato decine di cieli perduti […] In ogni luogo abbiamo cercato di ricostruirne i contorni, il profilo, le connessioni con le altre forme di pensiero e siamo giunti a una evidente conclusione: quei cieli non sono perduti, basta saperli e volerli cercare. […]
Il vero cielo perduto è il nostro. È perduto nelle luci artificiali, è perduto nei rumori delle città, è perduto nell’indifferenza, è perduto nella frenesia che non ci consente di fermarci e di alzare gli occhi al cielo. È perduto nelle luci artificiali, è perduto nei rumori delle città, è perduto nell’indifferenza, è perduto nella frenesia che non ci consente di fermarci e di alzare gli occhi al cielo.
E allora l’opera di divulgazione dell’astronomia, quel grande lavoro che fanno, disinteressatamente, migliaia di astrofili che portano i loro telescopi nelle piazze è molto più che semplice divulgazione scientifica. È il tentativo di riscoprire il legame che c’è tra noi e il cielo, legame innato, spontaneo e intimo. Forse cercare i cieli degli altri può essere il modo più efficace per non perdere il nostro
». Ed è, forse, come per gli antichi «la strada più diretta per arrivare a Dio».

Il libro

Guido Cossard: Cieli perduti, UTET ed. 2018

L’autore

Cieli perdutiGuido Cossard (1958-), fisico, è presidente dell’Associazione di ricerche e studi di archeoastronomia valdostana. Ha collaborato con la trasmissione televisiva di RAI 2 Voyager e tenuto conferenze sull’archeoastronomia in Italia e all’estero. Autore di numerose pubblicazioni, ha contribuito all’Atlante dell’Universo (Utet 1998). Tra i suoi libri: Storia e riti di Capodanno (Rizzoli 1999) e Il lungo racconto dell’origine. I grandi miti e le teorie con cui l’umanità ha spiegato l’Universo (con Margherita Hack e Walter Ferreri, Baldini e Castoldi 2013). Per i suoi meriti nel campo dell’archeoastronomia, nel 2005 la International Astronomical Union gli ha dedicato il pianetino 1983 GR, che da allora si chiama 4993 Cossard.

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Guido Cosssard

Società Italiana di Archeoastronomia

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About The Author

Magicamente Colibrì

Ho fatto studi classici al liceo e scientifici all’università, perché amo entrambi i mondi. Questa mia formazione è dovuta al fatto che in me convivono bene gli aspetti che caratterizzano l’essere umano, cioè quelli legati al pensiero razionale e a quello non razionale, e che sottintendono, rispettivamente, alla scienza e alla spiritualità. Molti sono i miei interessi e i post del blog lo dimostrano.

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